Chi ci conosce da tempo sa che il nostro motto “L’immagine cambia, la tradizione resta” è quanto mai vero in una realtà come la nostra in continua evoluzione. Cambiano gli ambienti, con un’attenzione speciale alle tendenze del momento, cambiano gli allestimenti e le modalità di presentazione dei piatti. Cambia il parco, che si rinnova per offire uno spazio sempre più da vivere.

Chi ci conosce da poco magari non sa o non immagina vedendo l’attuale moderna struttura che la storia della Baracca Storica Hostaria ha inizio attorno al 1920, quando Ginevra e Rinaldo acquistano una “baracca” prefabbricata in legno, abbandonata dall’esercito tedesco durante la Grande Guerra, per trasformarla in un “Casoin de colmeo“, una bottega di generi alimentari.

Negli anni ’50 il Casoin diventa Ostaria: un luogo di incontro dove si giocava a carte e a bocce, con un’ombra de vin bon, e si mangiavano piatti semplici: trippa, baccalà, bolliti, formaggi.

All’Ostaria si giocava anche alla Borea (Borella), un gioco popolare di origini contadine tipico delle nostre campagne venete. Il gioco consisteva nel colpire al volo tre birilli di legno posti in fila (sòni), alti circa 70 centimetri, con una pesante boccia di legno d’acero. I giocatori più abili riuscivano a fare gambarèl o San Martin, ovvero colpire con un solo tiro due o tutti e tre i sòni. L’espressione “xe sta un San Martin“, tipica dei contadini dell’entroterra veneziano, indica un evento rovinoso, come ad esempio una grandinata, tale da rovinare il raccolto. Fa riferimento all’11 novembre, festa di San Martino, data che solitamente corrispondeva alla scadenza del contratto di affitto dei campi.

L’origine del gioco è molto antica, se ne trovano riferimenti fin dal ‘500, e fino alla metà del secolo scorso era diffusissima nelle campagne in particolare delle province di Treviso, Padova e Venezia. Un gioco tipicamente contadino, ma non per questo disdegnato dai ricchi e nobili di città, e in quanto tale legato a quella figura dell’agricoltore tradizionale la cui scomparsa ha sancito la quasi completa dimenticanza di molte tradizioni che si cercano oggi di tenere vive tramandandone memoria.